inconscio

Inconscio e sensibilità scenica | Sistema Stanislavskij

Inconscio e sensiblità scenica è un capitolo fondamentale de Il Lavoro dell’attore su se stesso.
É su questo tema che avviene la rottura tra Strasberg, Stella Adler e altri attori del Group Theatre.

Inconscio

L’inconscio gioca un ruolo essenziale nella performance di un attore.
Quando ci viene chiesto di salire sul palco e stare senza fare nulla in particolare, andiamo in tensione.
E questo avviene spesso per motivi inconsci.
Come dice Nikolaevic, in scena bisogna essere «più disinvolti che nel proprio appartamento» [pag. 273].
Per raggiungere questo obiettivo suggerisce  di prepararsi con un training adeguato seguendo 3 step del processo di rilassamento: tensione, rilassamento e giustificazione.
Possiamo neutralizzare l’inconscio se disturba l’azione.
A volte, invece, può essere utile sfruttare questa situazione.

Differenza Stanislavskij/Strasberg

È importante dunque saper “sfruttare” al meglio il proprio inconscio come chiave per raggiungere la veridicità della performance, rendendola più intrigante e interessante.
Un aspetto che bisogna ricordare è che col passare degli anni e con l’evolversi della società si è evoluto anche l’inconscio.
In passato le persone erano più “semplici” a livello psichico.
Nel novecento la spocietà occidentale si è complicata.
Proprio da questa evoluzione si arriva a una differenza tra Stanislavskij e Strasberg.
Mentre il primo “teme” trattare l’energia dell’inconscio, il secondo ha meno remore.
Strasberg, intrigato dalla psicanalisi, decide di spingersi oltre e scandagliare le possibilità dell’inconscio.
Proprio per questo verrà criticato soprattutto all’inizio.
Gli veniva contestato che non fosse un psichiatra e, quindi, non doveva cimentarsi in questo campo.
Non era un medico, ma aveva una innata capacità di indagare la psiche umana.
Questo talento gli ha permesso di sperimentare per esempio il metodo della “poltrona”.
É chiaro che questo strumento rimanda alla poltrona che utilizzavano gli psichiatri.
Strasberg si è sempre difeso sostenendo che non si permetteva di assumere compiti terapeutici.
E in effetti l’utilizzo che fece della poltrona è diverso.
Tuttavia bisogna ammettere che poteva creare degli equivoci.

Io sono

Indagare l’inconscio per liberare l’ «Io».
L’obiettivo di Strasberg era potenziare la presenza scenica dell’attore.
Abbiamo già incontrato il concetto dell’ «IO SONO» in un altra parte de Il Lavoro dell’Attore su se stesso.
«Io sono» è un’affermazione divina, potente, magica.
Si avvera nel momento in cui nell’attore esistono verità e convinzione.
Tutto ciò traspare dagli occhi, dalle espressioni facciali e dal linguaggio corporeo, che costituiscono un tramite tra l’inconscio e il pubblico.
È per questo che un attore dovrebbe possedere conoscenze a livello psicologico, dal momento che mettere in gioco il proprio inconscio è rischioso.

Neuroscienze

Oggi le neuroscienze hanno fatto passi importanti e possono diventare uno strumento importante per gli attori.
Il nostro direttore da alcuni anni si è interessato alle ricerche di Giacomo Rizzolati sui neuroni specchio.
A suo avviso oggi non si può prescindere dalla conoscenza dei meccanisci chimici che regolano le emozioni.
Vi sono coach che rifiutano l’apporto della psicologia, ma è un atteggiamento autoreferenziale.
Ben venga lo psicologo in aula di recitazione.
C’è solo un problema: se il medico non ha chiaro il mestiere attoriale, diventa una zavorra.
Nell’esperienza del nostro direttore, gli psicologi considerano gli attori dei “pazienti”.
Invece gli attori sono dei “killer” con le emozioni.

I mostri dell’inconscio

É indubbio che ognuno ha tabù, paure, angosce…
Ogni giovane attore può essere anche un paziente.
Tutti siamo imperfetti per la psicologia.
Comunque, quando tutte le nostre problematiche sono gestibili, possiamo giocare con l’inconscio.
In noi abbiamo dei “mostri” che possono essere disarmati nel momento in cui vengono liberati dalla gabbia di protezioni costruita con la crescita.
Alcuni sono molto difficili da gestire.
Pensiamo ai mostri che sviluppano rabbia.
Un insegnante di recitazione deve sapere quando fermare il lavoro.
Attenzione agli insegnanti senza competenze in pedagogia e psicologia.
Possono fare dei danni quando liberano certi mostri interiori.
Nella nostra storia abbiamo conosciuto artisti/docenti, anche famosi, ma veramente pericolosi.

Importanza del coach

É chiaro che lavorare con il materiale sensibile è affascinante.
L’interpretazione attoriale assume profondità e realismo.
Quando l’attore si sente pronto a sperimentare questa strada deve appoggiarsi ad un coach.
Soprattutto all’inizio di una carriera è necessario qualcuno che aiuti quello che può essere definito un parto.
Oppure se preferiamo un “catalizzatore”, come avviene negli esperimenti chimici, per processare la reazione.
Questa è la funzione del coach.
Quando un’attrice o un attore sono professionalmente maturi, riescono a stabilire questa relazione con il regista.
Sul set di diversi film si è generata una reazione che ha portato l’interprete ad andare oltre la mera sceneggiatura.
E sono i momenti che passano alla storia.

In conclusione

Per concludere la lezione Mario Restagno ci ha deliziati con una perla.
Quando ai suoi tempi si studiavano i tragici greci girava la seguente espressione: «Signore e signori, Eschilo! Eschilo! Qui si Sofocle. Attenzione alle scale che sono Euripide e Tucidide».

(SFA, Sistema Stanislavskij, lezione del 12 gennaio 2023 con Mario Restagno – Relazione a cura di Beatrice Grimaldi)

Beatrice Grimaldi

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