Il Gigante Egoista

Il muro di Berlino

La "Guerra Fredda"
Non appena la Seconda Guerra Mondiale ebbe termine si crearono nuove tensioni tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, esse sfociarono in quella che è stata chiamata Guerra Fredda: guerra, perché la contrapposizione tra i contendenti mostrava tutta l'asprezza di un vero e proprio conflitto, e perché all’interno dei paesi coinvolti andava delineandosi una mobilitazione militare, economica, psicologica “di guerra”; fredda, perché le armi, che continuavano ad essere prodotte e accumulate, non furono mai usate. Per certi aspetti, si può definire come “guerra fredda” tutto l’assetto mondiale dall’immediato dopoguerra fino alla fine degli anni Ottanta. Al centro delle preoccupazioni americane (e, per converso, di quelle sovietiche) vi era il “contenimento” dell’espansione avversaria.
Il punto in cui il conflitto divenne più aspro fu proprio la Germania e, in particolare Berlino.

La Germania divisa
Quando la Seconda Guerra Mondiale ebbe fine, nel 1945, la Germania fu divisa in quattro zone di occupazione: sovietica, americana, inglese e francese. Nel 1949 nacque la Repubblica Federale Tedesca (RDT o Germania Ovest), che comprendeva le zone di occupazione inglese, francese e americana. Nello stesso anno nacque la Repubblica Democratica Tedesca (DDR o Germania Est) sul territorio che era occupato dai sovietici.
Nel 1955 la Germania Ovest si dichiarò alleata degli Stati Uniti, mentre la Germania Est si dichiarò alleata dell’Unione Sovietica.
La parte orientale faceva molta più fatica a riprendersi: era svantaggiata inizialmente per le pesanti richieste economiche, che l’Unione Sovietica avanzò per riparare i danni subiti nella guerra, e per la mancanza di aiuti, di cui godeva invece la parte occidentale. Inoltre la rigida struttura di pianificazione nazionale dell’economia non favorì lo stesso sviluppo della parte occidentale del paese. Più i due paesi si stabilizzavano a livello politico, più si facevano sentire le differenze di standard di vita.

Berlino
Berlino, città situata nel territorio della Germania Est, rispecchiava in piccolo la stessa suddivisione della Germania: era costituita da quattro zone, occupate rispettivamente dall’Unione Sovietica, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti.
Mentre la zona occupata dai sovietici divenne la capitale della Germania Est e prese il nome di Berlino Est, le altre zone vennero unificate e divennero una sorta di appendice della Germania Ovest con il nome, appunto, di Berlino Ovest.
Inizialmente ai cittadini di Berlino era permesso di circolare liberamente in entrambe le aree. Per passare dalla Germania Ovest a Berlino Ovest c’era una strada che tagliava il territorio della Germania Est. Migliaia di persone emigrarono dalla Germania Est alla Germania Ovest. Per la maggior parte erano giovani e spesso persone con una buona formazione professionale, laureati, operai specializzati e artigiani, che all’ovest si aspettavano un futuro più redditizio e libero. Questa intensa migrazione stava diventando un pericolo serio per la Germania Est ed era un ulteriore causa delle difficoltà economiche dello stato.
I sovietici tentarono nel 1948 di bloccare la strada che costituiva l’accesso alla Germania Est isolando la parte occidentale della città dalla Repubblica Federale Tedesca: il blocco di Berlino durò un anno. Se l’esercito sovietico si dimostrò più forte sulla terra, l’esercito statunitense l’ebbe vinta nei cieli: gli aerei portarono a Berlino Ovest cibo e rifornimenti, così il blocco di Berlino fu assolutamente inutile. Questa operazione venne chiamata ponte aereo, proprio perché gli aerei servirono da ponte per raggiungere Berlino.

La costruzione del muro
Muro di Berlino Nelle prime ore del 13 agosto del 1961 le unità armate della Germania Est interruppero tutti i collegamenti tra Berlino Est e Ovest e iniziavano a costruire un muro insuperabile che attraversava tutta la città, che divideva le famiglie in due e tagliava la strada tra casa e posto di lavoro, scuola e università. Vennero fermati i metrò e sbarrate le strade con i carri armati. La porta di Brandeburgo diventò così il “confine” fra Berlino Est e Berlino Ovest per quasi trent’anni. Il consiglio dei ministri decise di attuare nel settore occidentale di Berlino i controlli che di norma si effettuano alle frontiere di uno stato. I cittadini della Germania orientale potevano entrare a Berlino Ovest solo se in possesso di uno “speciale certificato”. Il governo della Germania Est si giustificò dichiarando che il muro doveva servire per difendere la città da un eventuale attacco militare da parte dell’Ovest.
In tutta la Germania, non solo a Berlino, il confine tra est e ovest diventò una trappola mortale. I soldati ricevettero l’ordine di sparare su tutti quelli che cercavano di attraversare la zona di confine, che con gli anni fu attrezzata con macchinari sempre più terrificanti: mine anti-uomo, filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, e addirittura impianti che sparavano automaticamente su tutto quello che si muoveva nella cosiddetta “striscia della morte”.
Molti tentarono ugualmente la fuga: alcuni persero la vita perché non si fermarono davanti all’esercito, altri riuscirono a fuggire. Nel complesso però l'esodo di intellettuali e lavoratori specializzati diminuì di molto e negli anni Sessanta e Settanta la Germania Est visse anch’essa un boom economico.Tra gli stati dell’est diventò la nazione economicamente più forte e i tedeschi cominciarono a rassegnarsi alla divisione.

Il governo Gorbacev
Mikhail GorbacevNel marzo 1985 giunse a capo del governo sovietico Mikhail Gorbacev. Il nuovo leader attuò una vera e propria “ristrutturazione” dello stato interamente organizzata e gestita dall’apparato del partito. Un aspetto che lo differenziava dai suoi predecessori era la volontà di favorire la mobilitazione dell’opinione pubblica. Una delle prime parole d’ordine lanciate da Gorbacev fu la glasnost, che significava “dar voce” al corpo sociale, ampliando le maglie della censura e concedendo una graduale libertà di stampa. Si procedette quindi, con molta cautela, alla liberazione dei dissidenti. La politica di glasnost subì quasi subito una battuta d’arresto quando nell’aprile del 1986 nella cittadina ucraina di Chernobyl si verificò una gravissima catastrofe nucleare (che produsse danni duraturi in una vastissima zona d’Europa) e la notizia venne tenuta nascosta per diversi giorni. In seguito questa politica fu ripresa con vigore: nel giro di pochi anni nacquero giornali nuovi, alcuni dei quali decisamente anticonformisti per gli standard sovietici, e venne autorizzata la pubblicazione di centinaia di libri vietati nei decenni precedenti. Per quanto riguarda la politica internazionale fu avviato un processo di distensione nei rapporti con gli Stati Uniti e di riduzione degli armamenti. Sul piano economico, invece, la politica si dimostrò incerta e oscillante. Inizialmente lo stato intervenne nelle aziende e nella burocrazia per stroncare la corruzione e per colpire i comportamenti che ostacolavano la produzione (l’alcolismo era molto diffuso tra i lavoratori). Si creò un doppio mercato, l’uno libero ma con prezzi proibitivi, l’altro statale, inefficiente ma con prezzi accessibili. I successivi piani di risanamento lanciati da Gorbacev non ebbero successo. Inoltre, di fronte al collasso dell’economia dell’Unione, si fece più forte la domanda, almeno da parte degli stati più piccoli, di un’autonomia che consentisse piena libertà di scambi economici con l’Occidente.

Ripresa della migrazione dall'Est
Ogni tentativo di lasciare al Germania Est in direzione ovest equivaleva ancora a un suicidio, ma nell’estate del 1989 i tedeschi dell’est trovarono un’altra via di fuga: le ambasciate della Germania Federale a Praga, Varsavia e Budapest, il territorio occidentale dove si poteva arrivare più facilmente! Cominciò un assalto in massa a queste tre ambasciate.
Il 10 settembre giunse la sorprendente notizia dell’apertura delle frontiere fra Ungheria e Austria: la porta verso l’Occidente era stata aperta. Decine di migliaia di tedeschi orientali si diressero con ogni mezzo, attraverso l’Ungheria, e poi anche attraverso la Cecoslovacchia, verso la Germania occidentale. Per la dirigenza della Germania est era il ritorno di un incubo. Nonostante la resistenza del governo, che trovò appoggio nel regime cecoslovacco ancora rigidamente schierato su posizioni conservatrici (ma non in quello sovietico, né in quello ungherese) decine di migliaia di persone abbandonarono il paese nell’arco di un mese e mezzo. Si trattava di personale in maggioranza qualificato e il danno all’economia del paese si profilava gravissimo. Negli stessi giorni l’attività dell’opposizione si fece più vivace. Neues Forum, un gruppo costituito prevalentemente da intellettuali che negli anni precedenti avevano dato vita ai primi fermenti di dissenso, chiedeva di essere ufficialmente riconosciuto come forza di opposizione. In alcune città, tra cui Lipsia, il centro industriale del paese, ebbe inizio un’ondata di manifestazioni di massa sempre più consistenti, che chiedeva l’avvio anche in Germania orientale di riforme sul modello di quelle introdotte da Gorbacev in Urss.

La caduta del muro
Muro di BerlinoAnche l’ultimo tentativo da parte del governo della Germania Est di salvare il salvabile, cioè il cambiamento dei vertici del partito comunista e del governo non servì a nulla.
La sera del 9 novembre 1989 un portavoce del governo annunciò una riforma molto ampia della legge sui viaggi all’estero. Migliaia di persone si riunirono all’est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, e altrettante persone stavano aspettando dall’altra parte del muro, all’ovest, con ansia e preoccupazione. Nell’incredibile confusione di quella notte, qualcuno, e ancora oggi non si sia esattamente chi sia stato, dette l’ordine ai soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall’est e dall’ovest, scavalcando il muro, si ritrovavano per la prima volta dopo 29 anni.

Dopo la caduta del muro
Il muro era caduto ma esistevano ancora due stati tedeschi con sistemi politici ed economici completamente diversi. Le leggi, le scuole, le università, tutta l’organizzazione della vita pubblica era diversa. La riunificazione era diventata possibile, ma nelle prime settimane dopo il 9 novembre del 1989 nessuno sapeva ancora come e quando. Molti credevano e speravano di poter gestire un periodo di avvicinamento reciproco dei due stati, eliminando i loro lati negativi. Molti credevano possibile una “terza via” tra il socialismo e il capitalismo. Ma tutti, anche i più ottimisti, prevedevano un periodo di alcuni anni: le differenze tra i due stati a livello pratico ed organizzativo erano abissali.
Dopo la caduta del muro, il flusso dall’est all’ovest non diminuì, anzi aumentò di colpo e di nuovo erano soprattutto i giovani che non potevano e non volevano aspettare la ripresa economica dell'est. “Se il marco non viene da noi, saremo noi ad andare dov’è il marco” era uno degli slogan più gridati contro quelli che chiedevano di avere pazienza.
Dopo le prime elezioni libere nel marzo del 1990 la Repubblica Democratica Tedesca aveva finalmente un governo democraticamente legittimato, ma la fiducia nel proprio stato si stava abbassando vertiginosamente, l'insicurezza si diffondeva, l’economia stava crollando verticalmente, la disoccupazione aumentava.
Già dopo pochi mesi la riunificazione non era più una possibilità, ma una necessità, era diventata l’unico modo per fermare il degrado dell’est. Ma la Repubblica Democratica faceva ancora parte di un sistema di sicurezza militare e di un’alleanza con l’Unione Sovietica, e anche la Germania Federale a questo riguardo non poteva agire senza il consenso degli ex-alleati della Seconda guerra mondiale. Questo rendeva la riunificazione un problema non solo nazionale, ma internazionale. Solo dopo trattative non facili tra Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Gran Bretagna e dopo il consenso definitivo di Gorbaciev, la strada per la riunificazione si era rivelata accessibile.
Nel Luglio del 1990 venne scelto il marco occidentale come moneta unica per tutta la Germania e fu avviato un drastico processo di complessiva riorganizzazione e di privatizzazione dell’economia tedesco-orientale sotto la guida della banca centrale tedesca e di un apposito ente, la Treuhandstalt. L’integrazione delle regioni orientali in un unico sistema economico nazionale si è rivelata molto più difficile del previsto, gravando pesantemente sul bilancio tedesco e generando acute tensioni sociali nelle aree interessate dalla ristrutturazione economica e territoriale. Il 3 Ottobre del 1990 la Repubblica Democratica dichiara il proprio scioglimento, le sue regioni furono annesse in blocco alla Repubblica Federale.