Il Gigante Egoista

Il muro nella religione cristiana

(A cura del prof. Ettore Giribaldi,
per la Elledici Editore)
    Ci sono tre tipi di muri nella Bibbia:

  1. muri che vengono alzati come protezione e non proteggono affatto
  2. muri che Dio stesso ordina di costruire per erigere la Sua casa con gli uomini.
  3. muri allegorici, che dividono l’umanità, che in nome di Cristo devono essere abbattuti.


1. Muri che non proteggono.
L’Antico ed il nuovo Testamento, oppongono sempre la fiducia nella Parola di Dio alle sicurezze umane, condannando l’atteggiamento di chi, fidandosi di se stesso, non ricorda che è da Dio solo che può giungere l’aiuto che serve alla vita.
In questo senso le mura, in particolare quelle delle città, vengono percepite come un baluardo contro Dio, costruito dall’orgoglio dell’uomo. Una difesa ridicola, contro Colui che ha creato il cielo e la terra, e che Dio è perciò in grado di travolgere quando queste si oppongono al suo progetto di salvezza.
Proponiamo qui tre esempi:

a) Le mura di Gerico
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La vicenda si svolge nel tempo in cui gli ebrei stanno conquistando la terra promessa. Siamo grosso modo nel X secolo a.C. ed il popolo è ancora fortemente influenzato dall'esperienza dell’Esodo ed in particolare dalla lunga vita nel deserto, che ha cementato le tribù attorno all’Arca che, con la sua tenda, è il segno della presenza di JHWH in mezzo al suo popolo.
La storia della conquista della terra, dunque, comincia con una vicenda di guerra che, agli occhi di noi lettori contemporanei, può parere molto dura.
Premessa perché gli ebrei possano entrare in Canaan, dunque, è il superamento della città di Gerico che, con le sue mura possenti, appare imprendibile insomma:
"Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava" (Gs. 6,1).
Ma Dio sta realizzando la sua promessa: quella fatta ad Abramo di consegnargli la Terra («Alla tua discendenza io darò questo paese»; Gn. 12,7) e nulla, neppure le mura di Gerico fermeranno quest’avanzata. Per questa ragione Dio ordina all’esercito d’Israele un complicato rituale grazie al quale le mura verranno abbattute:
"Disse il Signore a Giosuè: «Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi tutti prodi guerrieri, tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d'ariete davanti all'arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno dell'ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé»" (Gs. 6, 2-5).
Non vi è quindi combattimento, ma una sorta di processione della durata di una settimana: un ciclo completo del tempo secondo la Bibbia, che culmina nel “settimo giorno”, quello dedicato e consacrato a Dio. In quel giorno il popolo che segue l’Arca ed i sacerdoti, al suono dello jobel, il corno sacro, vede realizzarsi il prodigio:
"Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città" (Gs. 6,20).
Le mura, dunque, segno della potenza umana, non reggono di fronte alla parola di promessa di Dio. Ed il principio non vale solo per i nemici di Israele, ma anche per il popolo stesso: su questo punto è incessante la parola dei profeti pre-esilici, che invitano i re a non fidarsi dei calcoli politici, della potenza delle mura e dell’esercito, altrimenti la terra d’Israele, “vigna del Signore” come la chiama Isaia, verrà devastata dai popoli stranieri che agiranno come strumento di JHWH.
"Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata" (Is. 5,5).

b) La breccia nel muro del profeta Ezechiele
A questo proposito offriamo alla lettura il secondo testo, tratto questo dal profeta Ezechiele, nel quale viene posta in atto un’”azione profetica”. Siamo vicini al 686 a.C. data della caduta di Gerusalemme nelle mani dei Babilonesi ed il profeta ha ricevuto da Dio il compito di ammonire gli ebrei perché si convertano, evitando così il castigo della deportazione. Ezechiele, quindi, letteralmente mima la partenza dei deportati da Gerusalemme, vestendosi poveramente e praticando nel muro di fango della sua casa una breccia, che richiama quella che i babilonesi praticheranno nelle mura della città.
"Questa parola del Signore mi fu riferita: «Figlio dell'uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli. Tu, figlio dell'uomo, fa' il tuo bagaglio da deportato e, di giorno davanti ai loro occhi, preparati a emigrare; emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo, davanti ai loro occhi: forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli.
Prepara di giorno il tuo bagaglio, come il bagaglio d'un esiliato, davanti ai loro occhi; uscirai però al tramonto, davanti a loro, come partirebbe un esiliato.
Fa' alla loro presenza un'apertura nel muro ed esci di lì.
Mettiti alla loro presenza il bagaglio sulle spalle ed esci nell'oscurità: ti coprirai la faccia in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti».
Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come il bagaglio d'un esiliato e sul tramonto feci un foro nel muro con le mani, uscii nell'oscurità e mi misi il bagaglio sulle spalle sotto i loro occhi" (Ez. 12, 1-7).
I muri, insomma, quando custiodiscono false sicurezze, non fermano lo sguardo di verità di Dio: signore della Storia e delle storie di ognuno. Su questa stessa linea si pone il vangelo.

c) I muri e la vita
Nel vangelo di Luca troviamo la parabola di un uomo benestante che, fatto un buon raccolto, si dà da fare ad erigere mura (di nuovi magazzini), per raccogliere tutto il grano raccolto e poter dire alla sua anima di riposarsi e darsi alla gioia, a causa della ricchezza. Ciò che al ricco sfugge, ma non a Dio, è che quella notte stessa gli verrà richiesta la vita ed i muri, di nuovo, non serviranno a nulla!
"Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio»" (Lc. 12,21).

2. I muri della casa
Ma la scrittura ci parla anche di mura che costituiscono la casa nella quale Dio viene ad abitare in mezzo al suo popolo: sono le mura del tempio, che non contengono Dio, ma la sua presenza: la possibilità di incontrarlo nella città Santa. Le vicende che portano il re Salomone ad erigere il tempio sulla collina di Sion, la più alta di Gerusalemme, sono lunghe e complesse. Iniziano con la tenda dell’Arca nella quale avvenivano i sacrifici e le riunioni del popolo nel deserto, passano per la richiesta di Davide di costruire il tempio, alla quale Dio risponde negativamente, per arrivare al testo di 1Re 6, 1-13 che ci apprestiamo a leggere:
" Alla costruzione del tempio del Signore fu dato inizio l'anno quattrocentottanta dopo l'uscita degli Israeliti dal paese d'Egitto, l'anno quarto del regno di Salomone su Israele, nel mese di Ziv, cioè nel secondo mese. Il tempio costruito dal re Salomone per il Signore, era lungo sessanta cubiti, largo venti, alto trenta. Davanti al tempio vi era un atrio lungo venti cubiti, in base alla larghezza del tempio, ed esteso per dieci cubiti secondo la lunghezza del tempio. Fece nel tempio finestre quadrangolari con grate. Intorno al muro del tempio fu costruito un edificio a piani, lungo la navata e la cella. Il piano più basso era largo cinque cubiti, quello di mezzo sei e il terzo sette, perché le mura esterne, intorno, erano state costruite a riseghe, in modo che le travi non poggiassero sulle mura del tempio. Per la sua costruzione si usarono pietre lavorate e intere; durante i lavori nel tempio non si udì rumore di martelli, di piccone o di altro arnese di ferro. La porta del piano più basso era sul lato destro del tempio; per mezzo di una scala a chiocciola si passava al piano di mezzo e dal piano di mezzo a quello superiore. In tal modo Salomone costruì il tempio; dopo averlo terminato, lo ricoprì con assi e travi di cedro. Innalzò anche l'ala laterale intorno al tempio, alta cinque cubiti per piano; la unì al tempio con travi di cedro.
E il Signore parlò a Salomone e disse: «Riguardo al tempio che stai edificando, se camminerai secondo i miei decreti, se eseguirai le mie disposizioni e osserverai tutti i miei comandi, uniformando ad essi la tua condotta, io confermerò a tuo favore le parole dette da me a Davide tuo padre. Io abiterò in mezzo agli Israeliti; non abbandonerò il mio popolo Israele»".
La costruzione doveva apparire imponente, fino ad occupare un terzo della città, come illustrano le figure inserite di seguito. Ma quello che conta è che, dal punto di vista di Dio il tempio è una casa: infatti il Signore ricorre al verbo “abitare” per indicare la sua presenza in mezzo al popolo.


Le vicende di questo tempio sono state sofferte: più volte distrutto e ricostruito ha visto la sua fine definitiva nel 70 d.C. ad opera dei Romani, quando il Tempio di Erode venne definitivamente distrutto insieme ad una consistente fetta della città.
Ma il Cristianesimo aveva cambiato prospettiva: nella religione di Gesù la presenza di Dio in mezzo agli uomini è il “verbo” fatto carne: Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, come suggestivamente descrive l’introduzione al vangelo di Giovanni. Ed è proprio quest’autore che, memore delle parole di Gesù “distruggete questo tempio ed io in tre giorni lo farò risorgere” (Gv. 2,19), nell’Apocalisse descrive la discesa dal cielo di una nuova Gerusalemme: città dalle salde mura fondate sulle 12 tribù e sui 12 apostoli. In questa città, fatta da Dio, la comunione con il Signore coincide con la pace e la gioia di una vita umana finalmente liberata dai travagli e dalle sofferenze.
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più. E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate».
E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere», e aggiunse: «Ogni cosa è compiuta. Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell'acqua della vita. Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio" (Ap. 21, 1-7).
"Poi venne uno dei sette angeli che avevano le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò, dicendo: «Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell'Agnello». Egli mi trasportò in spirito su una grande e alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio, con la gloria di Dio. Il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino. Aveva delle mura grandi e alte; aveva dodici porte, e alle porte dodici angeli. Sulle porte erano scritti dei nomi, che sono quelli delle dodici tribù dei figli d'Israele. Tre porte erano a oriente, tre a settentrione, tre a mezzogiorno e tre a occidente. Le mura della città avevano dodici fondamenti, e su quelli stavano i dodici nomi di dodici apostoli dell'Agnello. E colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. E la città era quadrata, e la sua lunghezza era uguale alla larghezza; egli misurò la città con la canna, ed era dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza erano uguali. Ne misurò anche le mura ed erano di centoquarantaquattro cubiti, a misura d'uomo, adoperata dall'angelo.
Le mura erano costruite con diaspro e la città era d'oro puro, simile a terso cristallo. I fondamenti delle mura della città erano adorni d'ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento era di diaspro; il secondo di zaffiro; il terzo di calcedonio; il quarto di smeraldo; il quinto di sardonico; il sesto di sardio; il settimo di crisòlito; l'ottavo di berillo; il nono di topazio; il decimo di crisopazio; l'undicesimo di giacinto; il dodicesimo di ametista. Le dodici porte erano dodici perle e ciascuna era fatta da una perla sola. La piazza della città era d'oro puro, simile a cristallo trasparente. Nella città non vidi alcun tempio, perché il Signore, Dio onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno di sole, né di luna che la illumini, perché la gloria di Dio la illumina, e l'Agnello è la sua lampada. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra vi porteranno la loro gloria. Di giorno le sue porte non saranno mai chiuse (la notte non vi sarà più); e in lei si porterà la gloria e l'onore delle nazioni. E nulla di impuro né chi commetta abominazioni o falsità, vi entrerà; ma soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello" (Ap 21,9-27).
Come si vede questa è la proiezione della speranza cristiana. Una delle più antiche immagini del paradiso. Uno stato, più che un luogo, nel quale Dio stesso asciuga le lacrime di chi, nel travaglio della vita, ha mantenuto la fedeltà al Signore. In questa nuova Gerusalemme le mura diventano uno dei riflessi dello splendore dell’Amore: la città della comunione dei popoli nell’amore non è solo luogo di bontà, ma anche di bellezza.

3. Il muro di inimicizia
Da tutto quanto detto finora si comprende che la Bibbia usa il “muro” come metafora dei rapporti: prima di tutto di quelli con Dio, e di conseguenza per quelli con gli uomini.
Per questa ragione, al termine di questo cammino, cogliamo una suggestione tratta dalla lettera di San Paolo agli efesini: nello sforzo di armonizzare il gruppo di cristiani ex ebrei, con quelli ex pagani, Paolo ricorda che lo stesso Dio, ricco di misericordia, ha dato in Gesù Cristo la grazia che dona la salvezza.

Egli [Gesù] infatti è la nostra pace,
colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo,
cioè l'inimicizia,
annullando, per mezzo della sua carne,
la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo
corpo,
per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l'inimicizia.
(Ef. 2,13-15)

Muri abbattuti perché, in forza della croce di Cristo, possa regnare la pace.