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Il Gigante Egoista

Imperialismo e decolonizzazione

La povertà che oggi dilaga nel mondo è, in parte, il frutto di una politica di tipo imperialista attuata dal “Nord del mondo” in particolar modo tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Con il termine “imperialismo” si intende quel rapporto tra Stati caratterizzato dalla presenza di uno Stato più forte dal quale gli altri dipendono. Lo Stato più potente tende ad espandere la propria influenza sul territorio e sull’economia altrui. L’imperialismo non coincide propriamente con il colonialismo, perché questo ne rappresenta una forma particolare.
Il colonialismo si sviluppò già a partire dal XV secolo in seguito alle esplorazioni geografiche, ma è intorno alla seconda metà del XIX secolo che il fenomeno si intensifica maggiormente sotto la spinta di un sistema industriale emergente, che da una parte preannunciava immensi guadagni, dall’altra esigeva materie prime a basso costo e nuovi sbocchi per le merci. Il secondo conflitto mondiale coinvolse vaste aree del mondo colonizzato, dove nuove opportunità militari e politiche si presentarono ai movimenti nazionalisti. Il processo di decolonizzazione coinvolse dapprima i Paesi che erano più direttamente collegati al conflitto.
I paesi colonizzatori fecero molte concessioni ai movimenti nazionalisti delle colonie durante il conflitto per acquistare un maggiore consenso, inoltre i Paesi europei erano provati dall’enorme sforzo bellico che la guerra aveva richiesto, anche la situazione politica era in alcuni casi, come l’Italia, quanto mai precaria. Alla fine della guerra riconquistare territori nei quali i movimenti nazionalisti avevano ormai preso piede costituiva per i paesi europei un costo insostenibile. Anche da un punto di vista ideologico diventava ormai difficile giustificare il colonialismo, quando la guerra ai nazismi e ai fascismi si era basata sull’affermazione di ideali di uguaglianza, giustizia e democrazia. Nei paesi europei si affermarono inoltre forze politiche di tipo socialdemocratico, laburista o comunista, che si rifacevano agli ideali del movimento operaio, che non potevano appoggiare politiche di tipo imperialista e che, anzi, vedeva nell’indipendenza dei paesi colonizzati l’espressione della lotta per il benessere che aveva coinvolto i ceti popolari dei paesi avanzati. Alla fine della seconda guerra mondiale il mondo era costituito da due blocchi contrapposti, il primo sotto l’egemonia degli Usa, il secondo sotto l’egemonia dell’Urss, entrambe le potenze erano non coloniali.
Il processo di decolonizzazione viene normalmente suddiviso in tre fasi:

1. nel periodo che va dagli anni della guerra alla fine degli anni Cinquanta il processo di decolonizzazione coinvolge l’Asia orientale, che subisce l’influenza del movimento comunista internazionale, e il mondo arabo;
2. dalla metà degli anni Cinquanta fino alla fine degli anni Sessanta a rendersi indipendenti sono principalmente i paesi dell’Africa, il fenomeno avviene in maniera pressoché pacifica. Unica eccezione è costituita dall’Algeria, colonia della Francia fino al 1962. Contemporaneamente il Vietnam si trova a combattere contro un paese straniero, gli Usa, che non si presenta ufficialmente come paese colonizzatore, pur influenzando molto l’economia e la politica del paese, e Cuba, già indipendente, vede la vittoria di una rivoluzione socialista che si contrappone apertamente all’egemonia statunitense sul continente americano;
3. a partire dagli anni Settanta la decolonizzazione interessa le restanti colonie dell’Africa. Nuovi fermenti indipendentisti si sviluppano nel frattempo nelle aree che finora erano rimaste estranee alla decolonizzazione, come alcune colonie europee nell’America Latina e alcuni territori della Polinesia.
Un ulteriore fattore che influì il processo di decolonizzazione riguarda la consistenza e la durata dell’insediamento bianco: nei territori di antica colonizzazione la conquista dell’indipendenza è stata più lenta e più contrastata rispetto alle colonie più recenti. Questo aspetto motiva il fatto che un impero forte e vasto come quello britannico si sia disfatto ben prima di imperi più piccoli e deboli ma molto più antichi, come quello portoghese o quello spagnolo.
Il colonialismo ha lasciato tracce profonde nell’economia e nella cultura di questi Paesi, molti dei quali ancora oggi si trovano in gravi condizioni economiche, spesso condizionati da carestie ed epidemie, soggetti a continui colpi di stato e soffocati dal debito internazionale.
L’imperialismo vive ancora oggi sotto forme diverse, esiste ad esempio un imperialismo culturale di stampo occidentale che tende a espandersi in tutto il mondo, le culture di minoranza rischiano la scomparsa.
Recentemente la politica ha riconosciuto l’importanza degli organismi internazionali nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti e dei soprusi. Gli organismi internazionali limitano in parte la sovranità dei singoli stati, che delegano ad essi la garanzia di una sicurezza politica ed economica. Tentativi di espansione imperialistica vengono in questo modo negati o, almeno, scoraggiati.


Proposte di lavoro:

-Studia il processo di decolonizzazione di una ex-colonia e rifletti sui fattori che hanno influenzato la sua economia e politica negli anni a seguire. La ex-colonia risente ancora delle conseguenze del colonialismo?

-L'Italia ha avuto anch'essa delle colonie. Qual è la loro storia? Come si è svolto il processo di colonizzazione? Come sono riuscite a rendersi indipendenti? Qual è la loro stituazione economica e politica attuale? Come sono i rapporti tra l'Italia e le sue ex colonie oggi?