Dentro la fiaba

La saga di Hamelin ha una precisa collocazione storica e geografica, che, pur con qualche variazione, viene ripresa con insistenza in tutte le versioni della storia, anche quelle che si allontanano dalla leggenda per rivolgersi più precisamente ai bambini. La favola di Browning, ad esempio, non inizia con “c’era una volta tanto tempo fa”, ma con questa precisa descrizione:

Hamelin è una città del Brunswick, vicino alla famosa Hanover; il fiume Weser, largo e profondo, bagna a sud le sue mura; un posto così piacevole non l’avete mai visto; ma, quando comincia la mia canzoncina, quasi cinquecento anni fa, vedere la popolazione patire così tanto a causa di un’orrida piaga era un peccato.

La forza drammatica della storia acquisisce così maggiore intensità, è come dire ai propri ascoltatori: “vi sto per raccontare una storia vera realmente accaduta”. La commedia musicale “Hamelin” conserva la stessa caratteristica: Zoppino, il narratore, introduce il pubblico con alcune notazioni geografiche precise:

[...] La nostra città si trova nel Brunswick, l’attuale Bassa Sassonia [...] Per entrare ad Hamelin avete attraversato il fiume Weser, largo e profondo, che bagna le mura dal lato sud. Tenetelo bene a mente, è importante ... il fiume Weser. Tante città sono costruite lungo i corsi dei fiumi: ci sono dei vantaggi e noi, abitanti di Hamelin, lo sappiamo bene... non avremmo mai voluto saperlo, ma a volte, certe cose si imparano ... e basta. [...] Era l’estate del 1284, il 26 giugno, ma conviene cominciare da qualche giorno prima.

L’imminente tragedia appare annunciata fin dalle prime scene: i topi infestano la città e la situazione è diventata insopportabile per i cittadini, che disperati si rivolgono al Sindaco e al Consiglio comunale minacciando di cacciarli via, se non avessero trovato al più presto una soluzione.

Continua

Nella tradizione popolare occidentale i topi sono stati relegati in un’area simbolica negativa, soprattutto da quando è stato accertato quanta parte abbiano nella diffusione di malattie, se non di epidemie vere e proprie, come la peste. Ma il topo è anche di piccole dimensioni con un piccolo muso appuntito, in quest’ottica possiamo dire che rappresentano a specchio gli stessi bambini, e difatti, nella favola, anticipano il destino che li attenderà. Il topo rovista tra i rifiuti, e quindi occupa l’ultimo gradino nella scala sociale, non solo, ma preso individualmente non è neanche così pericoloso, perché non ha artigli o zanne o un veleno mortale con il quale attaccare l’avversario; è la massa di topi che fa paura ed è difficile da debellare. I cittadini li trovano ovunque, nelle dispense, dentro le pentole, sono avidi di cibo nella stessa misura in cui poi i cittadini si rivelano avidi di denaro. I poveri di Hamelin, i topi in questo caso, sono vittime degli stessi vizi dei cittadini (i ricchi): ingordigia, avidità e potere. Entrambe le società, quella umana e quella dei topi, sono fondate su meri valori materiali e, ironia della sorte, verranno punite da uno strano tipo dalla veste variopinta che suona il flauto. Chi meglio del Pifferaio potrebbe rappresentare la fantasia e la diversità, valori che queste due società sembrano aver dimenticato?

Nel Medioevo era cosa non rara imbattersi in personaggi, che sostenevano di essere in grado, con strumenti più o meno magici, di debellare un’infestazione di topi, piuttosto che di serpenti o di altri nocivi animali. Il Pifferaio viene presentato inizialmente come un accalappiatopi, certo alquanto misterioso per il suo abbigliamento così eccentrico, tanto da farlo sembrare quasi un gitano. Il fatto che la magia agisca tramite la musica del suo flauto, lo accomuna a tanti dei della mitologia greco-romana: il dio Pan con il suo flauto, il dio Orfeo con la lira, il dio Apollo con la cetra.

Il piffero è uno strumento musicale a fiato, la cui origine si fa risalire all’ottavino privo di chiavi, dal suono molto acuto e penetrante, usato prevalentemente in epoca medioevale dalle bande militari con l’accompagnamento dei tamburi. Sembra che il Piffero sia nato in Svizzera intorno al XIV secolo e sia poi stato diffuso in tutta Europa dai mercenari svizzeri. Ancora oggi è usato nelle musiche popolari ed è caratterizzato da un musotto (l’ancia) di canna (per questo è necessario cambiarlo spesso) collocato in un bocchino (particolarità in comune con il classico oboe) e il corpo allungato con 8 fori che termina a campana.

La musica, che è capace di emozionare fino alle lacrime, diventa nelle mani del Pifferaio, come in quelle degli dei dell’Olimpo, forma e strumento di potere divino:

e così suonò tre note (così dolci, delicate note che mai esperto musicista abbia fatto vibrare in aria)
The Pied Piper, di Browning

A seconda delle versioni il Pifferaio è visto come demone o angelo: tutto dipende dall’interpretazione che si dà del finale, i bambini scompaiono per andare in un posto migliore o peggiore? Nelle prime versioni della saga, mentre i topi affogano nelle acque del fiume Weser, i bambini vengono condotti su un monte, nel cui fianco compare magicamente l’accesso ad una grotta (un po’ come nella fiaba di Alì Babà e i 40 Ladroni). L’acqua, si sa, è un elemento salvifico. Secondo Freud, è legata alla rinascita e al rapporto materno. La grotta è storicamente il primo luogo dove l’uomo ha trovato protezione; per associazione con l’utero femminile s’intende anch’esso connesso all’elemento materno, ma conserva una sua ambiguità di fondo perché associato anche alle ombre e all’apparenza in contrapposizione con la luce (il mito della caverna di Platone). La luce la ritroviamo anche nella leggenda, almeno nelle prime versioni, che alludono alla possibilità che i bambini siano stati condotti attraverso la grotta in un luogo di pace dove fondare una comunità più giusta. Ecco che allora la grotta potrebbe significare il ritorno alle origini, per superare l’ipocrisia e l’arroganza della società attuale e riemergere alla luce con una nuova consapevolezza.

I personaggi, che in tutte le versioni, ricoprono un ruolo negativo sono i cittadini e i “politici” di Hamelin, che si rivelano avidi ed egoisti, negando il giusto compenso al Pifferaio e mostrandosi arroganti nei suoi confronti. Per questo dovranno pagare con quanto hanno di più caro, i loro figli.
La scomparsa dei bambini rappresenta anche la perdita della creatività e della vitalità, gli unici valori positivi che avevano animato la città. I cittadini di Hamelin hanno dimostrato di volersi chiudere al mondo, tenendo tutto per loro sia il cibo (cacciando i topi) sia il denaro (non pagando il Pifferaio) e questa decisione comporta una conseguenza, perché...

"..quando tu prendi tutto, c’è un prezzo da pagare...
chi resta a mani vuote ti chiederà: perché?"
(Hamelin, di M. Restagno)

Con questo messaggio affidato al vecchio Zoppino si chiude lo spettacolo.