PovertÀ e impoverimento in Italia

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art.3 della Costituzione Italiana

Poco meno di 8 milioni di persone in Italia, il 13,1% della popolazione (dati riportati sul Comunicato Stampa dell’Istat del 15 Luglio del 2010), sono costretti a vivere con meno di 500-600 euro al mese, neanche la metà del reddito medio italiano. Come nel resto del mondo, anche in Italia, le diseguaglianze sono in continua crescita: i ricchi si aggiudicano una sempre maggiore quota di risorse, mentre i poveri aumentano e si impoveriscono ancora di più. I dati di Bankitalia per l’anno 2008 (I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2008, Supplementi al Bollettino Statistico) rilevano che la quota di ricchezza italiana in mano al 10% più ricco della popolazione è passato dal 43% nel 2006 al 45% nel 2008.

Per quanto noto e su di esso vengano spese un numero infinito di parole, il fenomeno “povertà” non è così facilmente definibile. Forse proprio per questa difficoltà oggettiva di delimitazione del fenomeno le azioni politiche volte a limitarne gli effetti sono state fino ad ora scarse e inefficaci. Ma certamente le cause di tale inerzia istituzionale vanno ricercate, come giustamente rileva il rapporto della Caritas del 2008, anche nell’assenza in Italia di una volontà politica che miri alla redistribuzione delle risorse disponibili, alla razionale riorganizzazione della spesa sociale, all’attribuzione di responsabilità e compiti agli enti locali, ecc. Il fatto che parte della popolazione italiana sia povera o estremamente povera è oggi troppo spesso considerato come una condizione fisiologica del sistema cui rassegnarsi. Troppo spesso le politiche messe in atto dai governi italiani sono state di tipo assistenzialista, che per quanto siano in grado di tamponare nel breve termine una situazione di gravo disagio sociale, si rivelano inadeguate per risolvere alla radice il problema. La sostanziale uguaglianza dei cittadini, formalmente sancita dalla Costituzione nell’art. 3 è oggi inesistente.

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A generare ulteriore confusione è l’equivoco tra i concetti povertà e impoverimento.
“Povera è la persona che non dispone di risorse e di strumenti per la propria autorealizzazione e che, insieme, non riesce ad inserirsi vitalmente e attivamente nell’organizzazione sociale, offrendo il proprio contributo alla realizzazione del bene comune”(Ripartire dai poveri, Caritas - Fondazione Zancan, 2008, p.14).Questa definizione mette in luce non soltanto l’aspetto di esclusione dalle risorse economiche, ma anche quello di esclusione dalla vita sociale. In alcuni casi ciò può dipendere da una scelta individuale (clochard, barboni, vagabondi, ecc), in altri casi può dipendere da invalidità fisiche o psichiche, ma molto più spesso è proprio la condizione di povertà a determinare l’esclusione dei poveri da parte della società, considerati spesso come un peso. L’impoverimento riguarda quella quota di popolazione, appartenente soprattutto alla fascia economica medio e medio-bassa, che ha visto deteriorarsi in breve tempo le proprie risorse economiche, dovendo così modificare il proprio tenore di vita. Si tratta sicuramente di un fenomeno preoccupante, perché riguarda una grande parte della popolazione italiana e, se la situazione economica non dovesse cambiare in un immediato futuro, le persone che oggi definiamo “impoverite” rischiano più di altre di cadere in povertà. Le misure assunte da politici e istituzioni in questo senso sono state doverose e necessarie nell’ottica di una prevenzione del rischio di caduta in povertà, anche perché la pericolosa diminuzione dei consumi avrebbe significato un ulteriore rallentamento del sistema economico, con gravissime conseguenze e basse probabilità di una breve riascesa . Peccato, però, che politici e istituzioni non si impegnino ugualmente per i poveri. I poveri, forse perché già deboli consumatori, vengono spesso dimenticati, nonostante l’inflazione dei prodotti alimentari, che ha aggravato maggiormente la loro già fragile situazione.

I più esposti al rischio della povertà sono categorie “deboli” dal punto di vista sociale: la maggior parte dei poveri è composta da anziani privi di pensione e titolari soltanto di un assegno sociale (ca. 400 euro), i titolari di pensione minima dell’Inps (ca. 500 euro), famiglie numerose con un solo reddito di lavoro, spesso precario, madri sole con minori a carico.

Occorrerebbe attuare delle politiche serie ed efficaci che mirino alla risoluzione del problema, e che considerino il fenomeno della povertà, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. La povertà si affronta a diversi livelli, quali l’occupazione, la sanità, l’istruzione, la casa, l’assistenza, i trasporti, ecc. Politiche coordinate garantirebbero una maggiore partecipazione sociale dei poveri e la possibilità di uscire dalla situazione di povertà, come proposto dal Consiglio europeo di Laeken nel 2001.

Lo Stato non può pensare di delegare al volontariato o al settore non-profit la rimozione delle cause della povertà, perché la Costituzione sancisce che è un suo compito e perché è necessaria un’azione coordinata di tutti gli enti istituzionali. Inoltre come ben ricordano V.Nozza e G.Pasini la presenza di un grande numero di poveri chiama in causa “l’identità stessa della democrazia di un paese” [Ripartire dai poveri, Caritas - Fondazione Zancan, 2008]: se la Carta costituzionale chiede a tutti i cittadini di partecipare attivamente alla vita politica, sociale ed economica del paese (“[...] Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” - Art. 4 della Costituzione), quale società viene rappresentata se un gran numero di poveri vengono da essa esclusi? L’apporto “materiale e spirituale”, così come è definito dalla Costituzione, di buona parte dei cittadini viene considerato come irrilevante e quindi superfluo?

 

Highlights on health in Italy 2004 - WHO Europe

La povertà in Italia 2009 - Istat

I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2008 - Banca d'Italia