Intercultura

L’intercultura è un concetto dinamico e interdisciplinare, che sta ad indicare un’apertura e un’ampliamento delle condizioni, delle possibilità e delle conseguenze di un’interazione tra culture.

Se la biodiversità è necessaria alla vita della Terra, la diversità culturale è indispensabile alla salute psichica dell’uomo.
[T. Terzani, 2004, p. 480]

In una società, come quella contemporanea, caratterizzata da flussi migratori senza precedenti e interessata a livello planetario dalla globalizzazione, fenomeno che incide profondamente nelle singole culture, c’è da chiedersi come poter preservare la diversità culturale. La differenza culturale è da considerare come una risorsa, che non conduca però ad una diseguaglianza.

I sostenitori dell’etnocentrismo hanno studiato le differenze culturali partendo dalla pregiudizievole premessa che la propria cultura sia il modello di riferimento alle quali le altre forme culturali vanno confrontate. L’idea che esista una forma culturale centrale rispetto alle altre ha dato adito a varie forme di discriminazione, sia a livello di istituzione, sia nella vita quotidiana. Spesso alla base delle discriminazioni vi è l’ignoranza della diversità e la non consapevolezza che tale diversità potrebbe essere fonte di un reciproco arricchimento. Una forma estremizzata di questa concezione è quella definita come “etnocentrismo modernista”, che si è sviluppata in seno alle moderne società occidentali.

L’idea di base dell'etnocentrismo è l’affermazione dell’individualismo, da cui derivano alcuni postulati anche condivisibili, come il pluralismo, l’importanza dell’agire autonomo, la personalizzazione del corpo, ecc. Questi nascondono però contraddizioni interne: il fatto di considerarsi pluralisti rende incapace di accettare culture che non lo sono, cosa che nega il fatto di essere pluralisti. L’etnocentrismo è in grado di tollerare differenze che però non contrastino con i princìpi fondamentali dell’individualismo e del modernismo e in ogni caso alla diversità viene concessa la possibilità di espressione ma non è considerata positivamente.

Per superare questa concezione occorre puntare sulla comprensione della differenza, che crei la comunicazione tra soggetti appartenenti a differenti culture un contesto idoneo per il dialogo e lo scambio. L’intercultura è intesa appunto come uno spazio di scambio, un’ "articolazione delle diversità": uno spazio e una strategia di incontro e scambio tra le diverse culture, che avviene e si riproduce grazie alle interazioni tra i singoli soggetti.

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Perché lo scambio culturale avvenga efficacemente tutti i soggetti interessati debbono partecipare in maniera attiva alla comunicazione, il contesto comunemente condiviso deve valorizzare positivamente la differenza culturale, i soggetti partecipanti si devono porre in una condizione di reciproca comprensione (empatia). Non sarebbe possibile attivare un tale tipo di comunicazione senza aver avviato precedentemente un lungo percorso di apprendimento interculturale: alla conoscenza degli elementi base delle altre culture occorre abbinare anche una notevole apertura e curiosità nei confronti dell’altro e una forte motivazione e abilità comunicativa. La pedagogia in questo senso ha un ruolo primario nel formare personalità in grado di instaurare dialoghi all’insegna della comprensione reciproca. Anche i mezzi di comunicazione di massa influiscono ampiamente e profondamente sul modo di considerare la differenza culturale. I media ridisegnano in continuazione i confini culturali e, a seconda di cosa o chi rimane fuori dal confine, possono determinare la formazione nell’immaginario sociale di un nemico da combattere. Cosa che avviene spesso con gli immigrati, spesso lasciati al limitare del confine culturale. Eppure proprio l’immigrato vive in prima persona l’esperienza dell’incontro tra culture.

Da una parte la necessità di abbracciare un’altra cultura, dall’altra il desiderio di non rinunciare alla propria. Alcuni di loro riescono a leggere la realtà a partire da una duplice prospettiva: riescono quindi a integrare insieme due appartenenze culturali e la loro consapevolezza rispetto alla realtà gode di una maggiore profondità. A fronte di questi casi fortunati, vi sono due pericolose derive: da una parte quella definita del “comunitarismo” [Baumann, Voglia di Comunità, 2003], in cui la differenza prende il sopravvento, impedendo agli individui di trovare un proprio spazio nella nuova società e spingendoli a chiudersi in una forma societaria di tipo settario, che talvolta può scontrarsi in modo violento con il resto della società. Una seconda deriva, di segno opposto, è quello dell’“universalismo astratto”, in cui la differenza è vista come qualcosa che disturba l’armonia della comunità, per questo è da levigare e da combattere.