moderne migrazioni

I fenomeni migratori odierni trovano le loro cause principalmente nella disparità dei livelli di guadagno, delle possibilità lavorative e delle condizioni di vita, ma anche nelle differenze demografiche (tasso di fertilità. mortalità, numero di abitanti...).

Dopo la fine della Guerra Fredda, la politica ha iniziato a incoraggiare i fenomeni migratori e la caduta del muro di Berlino è un simbolo positivo di questo inizio, ma è anche vero che si verificò un aumento di conflitti etnici o secessionisti, che spinsero molte minoranze a migrare.
Il fattore ambientale sta diventando sempre più rilevante tra le cause migratorie: il degrado, la siccità, gli allagamenti, le carestie e altri cataclismi ambientali, di cui spesso l’uomo è il primo responsabile, spingono gli individui a spostarsi anche da paesi che, fino a pochi decenni fa, non erano considerate zone a rischio ecologico.

Ulteriore elemento da tenere in considerazione è l’ampliamento della possibilità di trasporto degli ultimi decenni: spostarsi è molto più semplice, più veloce e alla portata di molti. La rete di comunicazione, grazie alla diffusione dei nuovi media, è oggi capillare e velocissima e permette a chiunque di trasmettere e ricevere informazioni.

Dal bollettino Onu 2009: “Per il 2010 sono attesi 214 milioni di migranti internazionali, 19 milioni in più rispetto al 2005. Il 60 % dei migranti internazionali a livello mondiale risiede nelle regioni più sviluppate. La maggior parte dei migranti a livello mondiale vive in Europa (70 milioni nel 2010), seguito dall’Asia (61 milioni) e dal nord d’America (50 milioni). Con 43 milioni di migranti, gli Stati Uniti d’America ospiterà il più grande numero di migranti a livello internazionale, seguita dalla Federazione russa (12 milioni), dalla Germania (11 milioni) e dall’Arabia Saudita e dal Canada con 7 milioni ciascuno. Nel 2010 si attende che 64 paesi ospitino più di 500.000 migranti internazionali, rispetto ai 57 paesi del 1990. [...] Alla fine del 2008, l’Ufficio delle Nazioni Unite Alta Commissione per i Rifugiati (UNHCR) riportò un totale di 15,2 milioni di rifugiati e persone in una situazione analoga a quella di rifugiato, di cui 10,5 milioni erano sotto il mandato del UNHCR e 4,7 sotto il mandato delle Nazioni Unite Rilief e Lavoro Agenzia per i rifugiati della Palestina nel vicino Oriente (UNRWA). La maggior parte dei rifugiati, 13.1 milioni, l’86%, ha trovato asilo nei paesi sviluppati. L’Asia ospita il più grande numero di rifugiati (10,4 milioni), seguita dall’Africa (2,3 milioni) e dall’Europa (1,6 milioni). [...] Ci si attende per il 2010 che i migranti internazionali costituiscano il 3,1 % dell’intera popolazione mondiale, circa 1 ogni 10 persone che vivono nei paesi più sviluppati sarà un migrante in confronto ad uno ogni 70 persone dei paesi in via di sviluppo. La proporzione del totale della popolazione straniera é più alta in Oceania (17%), Nord America (14%) ed Europa (10%). Entro il 2010, ci si aspetta che i migranti internazionali rappresentino più del 10% della popolazione in 38 Paesi con più di 1 milione di abitanti. I Paesi con una più alta frazione di migranti internazionali rispetto alla loro popolazione sono il Quatar (87%), gli Emirati Arabi Uniti (70%), il Kuwait (69%), la Giordania (46%) e i territori occupati della Palestina (44%)”.

Continua

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a cambiamenti rilevanti nelle modalità e nelle tendenze migratorie a livello mondiale, questo in ragione dell’emergere dei processi di globalizzazione, la velocità e capillarità dei trasporti, lo sviluppo e la diffusione dei nuovi media. Recentemente è stato riscontrato un notevole aumento della migrazione femminile e dei lavoratori altamente specializzati.

La migrazione femminile costituisce oggi quasi la metà (49%) dei migranti in tutto il mondo, ancora più alta (il 52%) se si considera solo l’Europa o l’Oceania (51%) e la causa non si limita più a ragioni familiari. La migrazione femminile si sta sviluppando secondo modalità e direttive autonome rispetto a quella maschile. Emigrano sempre di più da sole e per ragioni lavorative, ma per la loro vulnerabilità cadono anche più facilmente preda dei trafficanti, che le sfruttano nel mercato della prostituzione e del lavoro nero. Quando, invece, la migrazione femminile è volontaria, facilmente questo contribuisce all’emancipazione e al rafforzamento della propria identità. In alcuni paesi i guadagni che vengono dai propri cittadini, in particolar modo le donne, emigrati in altri paesi costituiscono una quota importante del PIL.La normativa di molti paesi, di tradizionale destinazione dei fenomeni migratori, non tiene conto delle condizioni di difficoltà in cui versano le donne migranti e l’attribuzione dei permessi d’ingresso risulta pertanto a loro sfavorevole perché si basa su criteri, come il livello d’istruzione, che non tengono conto della posizione di svantaggio delle donne in molti paesi del mondo, dove ad es. alle donne viene negato il diritto allo studio. L’unico paese ad avere una normativa che tenga conto del numero e del ruolo delle donne migranti è il Canada.

La migrazione dei lavoratori altamente scolarizzati e qualificati coinvolge sia i paesi in via di sviluppo sia i paesi sviluppati. Il fenomeno è il cosiddetto “brain drain” (o “fuga di cervelli”) e riguarda anche l’Europa, soprattutto nel campo dell’alta tecnologia, delle scienze naturali e dell’ingegneria. A livello mondiale il maggiore spostamento di lavoratori altamente qualificati è in Asia, le Filippine in testa con 1 milione e 126 mila migranti. Questo tipo di migrazione può risultare dannoso per gli stati poco sviluppati, privando le società di origine di risorse rare e strategiche per un possibile progresso economico e strategico. La situazione appare ancora più grave, se si pensa che molti di essi decidono di non fare più ritorno nel paese di origine.

Tra gli spunti recenti dati dalle ultime indagini statistiche si è rilevato che il numero di paesi coinvolti è aumentato e che le tradizionali rotte e direttrici dei flussi migratori sono cambiati. Verso l’Europa e il Nord America emigrano ora per lo più appartenenti alle classi medie, spinti a migliorare la propria condizione economica, ma anche sociale, culturale, politica e spirituale. In questo caso hanno giocato un ruolo di fondamentale importanza negli ultimi decenni i mezzi di comunicazione di massa.

Per quanto riguarda invece le migrazioni irregolari non si può fare una stima esatta perché i mezzi statistici a disposizione sono inadeguati. Secondo l’ONU il 10-15% dei migranti sono irregolari. Si stima che nel 2000 negli Stati Uniti ci fossero tra i 7 e gli 8 milioni di migranti irregolari. Nello stesso periodo in Europa gli stranieri irregolari che sono stati regolarizzati ammontavano al 4 % dei migranti totali in Francia, il 14% in Portogallo e in Spagna, il 25% in Grecia e in Italia. Se il numero di migranti irregolari fosse equivalente, diciamo al 15% di tutta la popolazione migrante, il numero totale di migranti in stato irregolare sarebbe di 3,3 milioni.

In Europa una stima fatta da Europol, indica che l’ingresso annuo di migranti irregolari nella Comunità europea sia di circa mezzo milione, contro i 5 milioni stimati nella federazione russa. Si stima che il contrabbando di migranti costituisca attualmente un’industria da 10 miliardi di dollari all’anno, che logora le risorse degli stati coinvolti. Situazione ancora più grave nei paesi in via di sviluppo, dove alimenta ancora di più la corruzione del sistema politico e delle forze dell’ordine. I dati relativi al traffico di esseri umani non sono precisi, perché il fenomeno risulta molto complesso da definire in termini statistici e perché mancano le denunce da parte delle vittime.

Secondo Save the Children più di 850 mila persone ogni anno vengono trafficate attraverso i confini internazionali per sfruttamento del lavoro, prostituzione e altri abusi dei diritti umani. In Europa stessa il 20 % delle vittime dei trafficanti sono bambini dell’Europa orientale, che vengono impiegati nell’Europa occidentale. Le organizzazioni criminali agiscono anche grazie alla corruzione dei funzionari governativi, che in cambio di denaro chiudono sovente un occhio.