Liolà di Luigi Pirandello | Trama ragionata

Liolà è una commedia di Pirandello, scritta in lingua siciliana, e andata in scna nel 1916 durante la prima guerra mondiale.
Scritta in un periodo molto doloroso per la vita dell’autore. Il figlio Stefano era detenuto in un campo di prigionieri di guerra e la moglie cadeva in sempre più frequenti crisi della sua malattia mentale. L’opera, nonostante questa angosciosa condizione della vita dell’autore, è molto giocosa ed allegra, quasi spensierata, al punto che l’autore stesso dirà «è così gioconda che non pare opera mia».

PERSONAGGI

• NELI SCHILLACI detto LIOLA’
• ZIO SIMONE PALUMBO
• MITA
• TUZZA
• ZIA CROCE
• CARMINA detta la MOSCARDINA
• COMARE GESA
• ZIA NINFA
• CIUZZA
• LUZZA
• NELA
• TITINO, CALICCHIO e PALLINO.

ATTO I

L’azione è ambientata nella campagna agrigentina, a settembre. Nella prima scena si vedono delle contadine intente a schiacciare mandorle nel podere della zia Croce, madre di Tuzza e sorella del ricco zio Simone Palumbo.
Quest’ultimo è in pena perché dopo quattro anni di matrimonio con Mita, non ha ancora un figlio a cui lasciare l’eredità.
Liolà è uno spensierato bracciante e un grande seduttore, tanto che ha reso madri tre ragazze, tenendosi poi i figli ed affidandoli alla madre, zia Ninfa.
Mita è un’orfana che zio Simone aveva preso in moglie sperando così di coronare il sogno di un erede. La speranza delusa causa ora il disprezzo per la moglie accusata di una sua presunta sterilità.
Tuzza, per far dispetto a Mita, che prima delle nozze aveva una tresca con Liolà, si lascia sedurre da quest’ultimo e ne rimane incinta. Liolà allora si sente in dovere di riparare al torto fatto e chiede la mano a Tuzza, la quale rifiuta perché non vuole un marito che “sarebbe di tutte”. Con la complicità della madre tenta di far riconoscere il figlio dallo zio, vecchio ma ricco.

ATTO II

Nel secondo atto lo zio Simone, ormai raggirato da Tuzza che lo ha convinto della sua paternità, con fierezza grida alla moglie che il figlio di Tuzza è suo e che al suo erede lascerà tutte le sue proprietà.
Per sfuggire alle ire del marito, Mita si rifugia nella casa di zia Gesa, vicina di casa di Liolà. Quest’ultimo è legato a Mita dal rancore nei confronti di Tuzza: lui perché offeso dal rifiuto delle nozze riparatrici, lei perché con l’inganno Tuzza le sta portando via il marito e i suoi averi.
Liolà allora offre alla ragazza le sue risorse di amante per dare allo zio Simone l’erede tanto voluto; lei dapprima rifiuta ma la sera, gli apre la porta di casa.

ATTO III

Nel terzo atto, che si svolge un mese dopo gli avvenimenti precedenti, nel periodo della vendemmia, zio Simone annuncia pubblicamente che la moglie gli ha dato finalmente un figlio legittimo che si va ad aggiungere a quello illegittimo di Tuzza: in realtà nessuno dei due gli appartiene veramente come padre.
A questo punto il vecchio vorrebbe che Liolà prendesse in moglie Tuzza, ma lui rifiuta, perché sposandola avrebbe perso tutta la sua spensieratezza ed affidando quindi anche questo ennesimo figlio alla madre.
Tuzza, furibonda, si scaglia addosso a Liolà con un coltello, riuscendo però solo a ferirlo leggermente.

(SFA, “Storia del Teatro” – Relazione a cura di Carlotta Taddei)

carlotta taddei
Carlotta Taddei

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