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Diane Arbus | Fotografare la normalità oppure no?

Diane Arbus, nata Diane Nemerov, è stata una fotografa statunitense di origini russe.
Le fotografie per cui la Arbus è maggiormente conosciuta sono quelle che ritraggono gli esseri umani nella loro diversità, nello scostarsi dalla “normalità” data per scontata.
Una normalità a volte messa in discussione dalla stessa natura, a volte da scelte personali.
Il suo approccio non è mai voyeuristico, anzi, la consapevolezza della diversità non sminuiva i suoi soggetti, come avrebbe potuto avvenire facilmente.
Nella maggior parte dei suoi ritratti i soggetti si trovano nel proprio ambiente, apparentemente a proprio agio; invece, è lo spettatore che è messo a disagio dall’accettazione del soggetto.

Biografia

Diane Nemerov nasce a New York il 14 marzo 1923, in una ricca famiglia ebrea proprietaria della catena di grandi magazzini Russek’s: il padre è David Nemerov e la madre Gertrude Russek.
È la seconda di tre figli: il fratello maggiore, Howard Nemerov, più grande di Diane di tre anni, diventerà noto come uno dei maggiori poeti americani.
La sorella minore, Renée, è una scultrice.
Anche il padre David, dopo essersi ritirato dagli affari farà il pittore, con un discreto successo commerciale.
Dal 1930 Diane frequenta la “Ethical culture school” a New York e negli anni successivi la Fieldston School.
A soli 14 anni conosce Allan Arbus, di cinque anni più grande, all’epoca commesso da Russek’s, e se ne innamora.
Il rapporto non è ben visto dalla famiglia di Diane, ma lei lo sposerà appena compiuti i 18 anni, il 10 aprile del 1941.
Il primo lavoro dei giovani sposi è un servizio fotografico pubblicitario per la catena del padre.
Diane è considerata una ragazza molto dotata ed è incoraggiata a prendere lezioni private di disegno, ma pur di sposare Allan non esita a rinunciare all’università.
Allan sarà poi arruolato nella guerra e, al suo ritorno, decideranno insieme di fare i fotografi, visto che nel 1941 si erano già occupati brevemente di moda e Allan aveva accumulato una notevole esperienza come fotografo nell’esercito.
Diane Arbus studierà fotografia brevemente con Berenice Abbott nel 1947, poi con Brodovitch nel 1955, infine con Lisette Model.
È proprio grazie all’esperienza con Lisette che Diane supera la sua timidezza e trova il coraggio di fotografare i soggetti che desidera.
Il primo servizio pubblicato dalla coppia è del 1947, su Glamour.
È un servizio sui pullover.
Più tardi, lavoreranno anche con le riviste Seventeen e Vogue.
Nel 1951 Diane e Allan lasciano per un anno il lavoro sulla moda per un viaggio in Europa.
In questi anni Diane conoscerà Stanley Kubrick, allora fotografo ai primi passi.
Diane collaborerà con il marito Allan solamente fino al 1956, anche se ancora per qualche anno appariranno fotografie che continuano a riportare i crediti di entrambi.

I sobborghi di New York

Nel periodo fra il 1957 e il 1960 Diane scopre l’Hubert’s Museum, un “baraccone” situato all’angolo fra la 42ª e Broadway, dove si esibiscono una serie di bizzarre figure che la Arbus fotograferà più volte negli anni.
Più o meno in questo periodo il matrimonio di Diane e Allan va in crisi.
I due si separano nel 1958, ma informano la famiglia di lei solo tre anni dopo.
Divorziano undici anni dopo, nel 1969.
Un altro luogo in cui ritroviamo spesso Diane Arbus a fare fotografie è il Club ’82, situato nella lower Manhattan e frequentato da una serie di figure molto particolari.
Fra i primi soggetti fotografati dalla Arbus in questi anni si contano Miss Stormé de Larverie, la donna che si veste da uomo, e Moondog un gigante cieco con una grande barba e corna da vichingo che passa otto ore al giorno fra la 50ª ovest e la Sixth Avenue.
Va notato che Diane Arbus non si limita a fotografare di sfuggita questi personaggi, ma instaura con loro un vero rapporto di amicizia, talvolta anche profondo.
Molti di loro vengono fotografati più volte nel corso degli anni, come accade all’uomo messicano affetto da nanismo Cha cha cha, nome d’arte di Lauro Morales, ritratto in una delle foto più famose della Arbus.
La sua prima pubblicazione è The Vertical Journey, sei foto pubblicate nel 1960 sulla rivista Esquire.
A questo segue nel 1961 The full circle su Harper’s Bazaar.
I suoi soggetti rappresentano una scelta così inconsueta che vengono pubblicati solo grazie all’insistenza di Marvin Israel, suo caro amico (e suo amante, secondo la biografia della Bosworth), che all’epoca è appena diventato art director per la rivista.
Nel 1965 il MOMA presenta tre fotografie della Arbus in una mostra dal titolo Acquisizioni recenti.
La reazione del pubblico non fu di indifferenza, e spesso le fotografie dovevano essere pulite dagli sputi dei visitatori.
Nello stesso anno Diane tiene un corso di fotografia alla Parson school of design.
Invece di far studiare l’arte sui libri la Arbus porta gli studenti a vedere le opere nei musei.

Gli ultimi anni

Diane Arbus ha sempre sofferto di crisi depressive, ma a causa di un’epatite contratta nel 1968 – causata forse dall’abuso di farmaci – smette di prendere gli antidepressivi.
Nell’aprile del 1969 è a Londra, fotografa per le riviste Nova e il Sunday Times.
Su Nova escono le sue foto di sosia di personaggi famosi: sono gli anni in cui Diane si vede spesso alle manifestazioni pro e contro la guerra in Vietnam.
Alla fine del 1969 la Arbus si trasferisce al Wesbeth, un condominio di New York che per statuto accetta solo artisti.
Nel 1970 Diane inizia a fotografare dei disabili in un istituto. Come suo solito non si tratta di una sola sessione fotografica, ma vi tornerà diverse volte. È la serie che diventerà nota dopo la sua morte con il titolo di Untitled.
Ormai la depressione di cui ha sempre sofferto si è fatta più grave, e la donna pare aver perso l’interesse per la fotografia.
Il 26 luglio 1971 si suicida, ingerendo una forte dose di barbiturici e tagliandosi i polsi nella vasca da bagno.
La troveranno un paio di giorni dopo, con il corpo già in avanzato stato di decomposizione.
Nel 1972 inizia la consacrazione di Diane Arbus.
Prima la Monografia della Aperture e poi l’esposizione delle sue foto alla Biennale di Venezia, una partecipazione decisa dalla Arbus poco prima della sua morte, la proiettano direttamente nell’Olimpo dei grandi.
Fra le grandi mostre della Arbus dopo la sua morte ricordiamo solo Diane Arbus Revelations del 2004, che per la prima volta rende disponibile al pubblico una grande quantità di documenti biografici e molte foto precedentemente mai pubblicate.

Alcune fotografie famose

Child with Toy Hand Grenade in Central Park, New York, (1962)
Un ragazzino magrissimo con le braccia lungo il corpo ma irrigidite.
Nella mano destra regge una granata giocattolo, mentre la sinistra imita un artiglio.
La Arbus catturò questa espressione facendo stare fermo il ragazzino, mentre lei continuava a muoverglisi attorno sostenendo che stava cercando l’angolo giusto.
Dopo poco il ragazzo divenne impaziente e le disse di spicciarsi a fotografare, creando l’espressione che potrebbe sembrar comunicare che il ragazzo ha in mente la violenza, mentre stringe saldamente in mano la granata giocattolo.

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Identical Twins, (1967)
Una foto di due giovani sorelle gemelle, una a fianco dell’altra, vestite di velluto.
Una leggermente sorridente e l’altra leggermente imbronciata sono la caratteristica bipolare della fotografa stessa.

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Una foto di Eddie Carmel, il “Gigante Ebreo”, ritratto nel suo appartamento assieme ai genitori molto più bassi di lui.
Alcuni interpretano come la foto mostri che il corpo inusuale di quest’uomo non gli abbia impedito di avere una vita familiare normale e felice.
Altri vedono una certa rigidità nella postura dei genitori e trovano che mostri un distacco tra Eddie e la sua famiglia.
Forse un’indicazione di disappunto o di tristezza per il suo strano aspetto e per la sua vita prevedibilmente breve.
Altri vedono nell’espressione della signora Carmel che guarda suo figlio la sorpresa, come se lo incontrasse per la prima volta.

diane arbus
Jewish Giant at Home with His Parents in The Bronx, NY, 1970

Ha un rapporto quasi conflittuale con la macchina fotografica, che paragona ad un cavallo cocciuto, con il quale deve condurre veri e propri bracci di ferro, alla ricerca di un compromesso tra ciò che farà, in autonomia, la macchina.
«Ho la chiara sensazione che l’apparecchio fotografico è una cosa diversa da me», scriverà.
Ma allo stesso tempo è uno scudo che la protegge dal mondo, la rende sfacciata e quasi incosciente, e, soprattutto, la fa sentire invulnerabile.
Contemporaneamente alla fotografia, troverà nella lettura anche altri spunti: si appassiona di filosofia europea, buddismo e psicanalisi.
Ogni cosa che legge può essere un percorso per i suoi lavori futuri, per il nuovo modo di interpretare il mondo.

Alcune citazioni

«Quello che cerco di descrivere è che è impossibile uscire dalla propria pelle per entrare in quella di qualcun altro… la tragedia degli altri non è mai la stessa che provi tu.»

«Credo davvero che ci siano cose che nessuno vedrebbe se io non le fotografassi.»

Guardando le foto della Arbus si nota una forte contrapposizione.
Mentre le immagini ci svelano aspetti anche laceranti della società (prostituzione, abnormità dei corpi, nudismo, transgenderismo, povertà, malattie mentali…) i soggetti sono sempre ritratti in momenti di calma, quasi fossero attenti a fissare lo spettatore.
Non di rado i ritratti sembrano guardarci dritti.

diane arbus
A young man with curlers at home on West 20th Street, 1966

«Scelgo un soggetto e poi quello che provo, ciò che significa, comincia a manifestarsi.»

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Triplets in their bedroom, 1963

Posando per lei, parlando con lei, le persone che la Arbus fotografa, le restituivano un pezzo “strano” del suo sé, rivelato e incarnato nell’altro.

Per approfondire:

Masters of photography – Diane Arbus (documentary, 1972) – YouTube

(SFA, “Filosofia dello Spettacolo”, ricerca di approfondimento di Miriam Castiglione)

Miriam Castiglione

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