La densità di vita è stato il tema di questa lezione. Abbiamo esaminato con il nostro direttore le pagine 161-162-163 de Il Lavoro dell’attore su se stesso di K. Stanislavskij.
Il denaro bruciato e il gobbo
In queste pagine l’autore ci ripropone la scena del “denaro bruciato”. La scena era stata proposta da Torcov nel capitolo “Attenzione Scenica” (pag. 84) e i giovani studenti, su questo canovaccio, si stanno allenando da diverso tempo. Questa volta Nazvanov la affronta in modo diverso. Ciò sta a significare una crescita dello studente che dopo alcuni mesi di scuola è maggiormente consapevole.
Una volta entrato in scena inizia a porsi delle domande sulla figura del gobbo. É così turbato che non riesce a contare il denaro.
Tutto questo non poteva accadere all’inizio della scuola.
Torcov lo invita a trovare qualcosa che giustifichi il suo rapporto col gobbo. Nazvnov mette in moro l’immaginazione e risponde: “La bellezza e la salute di mia moglie erano stati pagati con la bruttezza del fratello idiota. Erano gemelli. La loro nascita aveva messo in pericolo la vita della madre, c’era stato bisogno di un’ operazione e avevano dovuto arrischiare la vita di uno dei bambini per salvare l’altro e la madre. Erano vissuti tutti e due, ma il maschio ne aveva risentito ed era cresciuto gobbo e idiota. I sani se ne sentivano responsabili come di una colpa che ricadeva su tutta la famiglia.” (pag. 161)
Densità di vita
Grazie a questa risposta lo studente cambia il modo di rapportarsi in scena con il gobbo.
La scena acquista una nuova vivacità.
Riflettiamo come ci sia una certa corrispondenza tra il teatro e il disegno: in entrambe le arti bisogna iniziare da un punto per poi svilupparlo. Porsi interrogativi permette all’attore di creare intorno al personaggio una realtà e renderlo più ricco, completo e vivo. Se questo passaggio non avviene la scena è sterile e ciò viene subito captato dal pubblico, interrompendosi così il rapporto. Se, invece, l’attore crea una densità di vita attorno al personaggio, il pubblico viene contagiato.
Il direttore ci presenta un altro esempio. Prendiamo un muro di mattoni/pietre a vista, fatto a mano e confrontiamolo con uno di cemento, fatto industrialmente. Il primo ci comunica densità di vita, perché un essere umano ha dedicato tanto tempo. Il secondo è stato realizzato dalla macchine. Forse ci impressiona, ma è assente la densità di vita.
La vasca di Hitler
Parliamo a questo punto dell’imagine realizzata dalla fotografa Lee Miller nel 1945 quando è entrata nell’alloggio di Hitler. Si tratta di un immagine assolutamente poco spettacolare come possiamo vedere.
Quando la Miller entrò nell’alloggio di Hitler pochi giorni dopo la fine della guerra, vide la vasca e sentì la necessità di lavare via lo sporco di quello che aveva visto nei campi di concentramento. Si slacciò gli scarponi sporchi del fango di Dachau e li lasciò sul tappetino. Depose su uno sgabello l’uniforme e sopra l’orologio. Sul bordo della vasca, alla nostra sinistra, sistemò un quadretto con il ritratto del dittatore. Sul tavolino a destra posizionò una statua che raffigurava una Venere al bagno. Lo scatto non ha nulla di spettacolare, ma ha tanta densità di vita.
Il primo piano
Nella recitazione cinematografica è particolarmente importante questo aspetto. Se un’emozione o uno stato d’animo è superficiale il pubblico se ne rende conto facilmente. Un’attore davanti alla macchina da presa deve aderire interiormente al suo personaggio in tutte le sue sfaccettature. Il primo piano svela tutto e non si può sfuggire.
(SFA, Sistema Stanislavskij, lezione dell’ 20 aprile 2022 con Mario Restagno – Relazione a cura di Lucia Restagno)