specchio

Lo specchio | Sistema Stanislavskij

Oggi, 17 gennaio 2023, abbiamo parlato del tema dello specchio, affrontato da Stanislavskij a pagina 26 de Il lavoro dell’attore su se stesso.

«Ricordatevi che dello specchio bisogna servirsi con molta prudenza.»

Lo specchio

Lo specchio è uno strumento di lavoro molto utile per poter analizzare, correggere e per controllare i propri movimenti.
Ma, allo stesso tempo, lo specchio giudica: è crudele e inibisce.
È importante accogliere la verità dello specchio e reagire, non lasciarsi incastrare da quello che vediamo.
Ma anche non confrontarsi con gli altri, puntando a valorizzare noi stessi.

Lo specchio nella danza

Spesso, lo specchio viene associato al mondo della danza, perché questa disciplina lavora davanti ad esso.
Non sempre però è uno strumento positivo: mentalmente può creare un meccanismo per cui i ballerini tendono a controllare  sistematicamente l’immagine che danno di sé.
Questo li porta a non abbandonarsi, cosa che invece deve fare l’attore.
Lo specchio può essere un problema perché educa all’autocontrollo continuo.
Come attori bisogna abbandonare l’idea di doverlo fare, o di voler decidere da sé la propria interpretazione, perché nel mondo del lavoro saranno gli autori e i registi a decidere i tuoi gesti.
Ma, è importante valutare la richiesta che ci viene fatta, trovando un equilibrio e non facendo cose estreme e pericolose.
Allo stesso tempo, bisogna avere fiducia.

Fidarsi e affidarsi

Lo scopo dell’accademia che stiamo frequentando è proprio quello di educarci ed allenarci a conoscere le persone a cui dovremo affidarci e con cui andremo a lavorare un giorno.
Lo specchio rappresenta anche la finzione, perché si tende ad atteggiarsi davanti ad esso.
Infatti, la danza è considerata finta perché esprime emozioni finte.
Stanislavskij ci dice che non deve funzionare così.
Nella storia della danza, Martha Graham ha fatto una battaglia per cambiare l’atteggiamento dei ballerini.
Negli USA di inizio Novecento era in atto un cambiamento profondo nel mondo della danza.
C’era l’esigenza di ripartire dalla natura del corpo e dei suoi movimenti fisiologici per esplorare nuove possibilità di movimento.
Martha Graham era critica sulle questione delle punte perché noi non camminiamo così.
Diceva che le piante dei piedi sono fatte per stare a terra.

Metodo rappresentativo

Proseguendo la lettura de Il lavoro dell’attore su se stesso, a pag. 27 si parla del metodo rappresentativo.
«L’attore non vive ma recita. Egli è freddo verso l’oggetto della sua rappresentazione ma la sua arte deve essere perfetta.»
Il lavoro fatto allo specchio limita le possibilità interpretative.
Questo non vuol dire che non sia un buon metodo.
Stanislavskij riconosce un valore a questa tecnica, ma ottiene risultati differenti da quelli che si poene il teatro d’arte.
Il nostro direttore suggerisce che un attore completo ed allenato, non deve vivere di sistemi assoluti, ma cercare di capire come ognuno funziona e utilizzarlo quando serve.

Coquelin

Coquelin viene presentato da Stanislavskij come un esempio del metodo rappresentativo e cita le sue parole: «L’arte non è la vita reale e nemmeno il suo riflesso. Essa crea fuori del tempo e dello spazio la sua vita, bella proprio per la sua astrazione.»
Il suo pensiero è quasi una filosofia estetica, perché pensa all’arte attoriale come qualcosa fuori dal mondo, di perfetto, come un’arte quasi divina.
Ciò può rappresentare un rischio per l’attore, che potrebbe iniziare a sentirsi distaccato dal mondo (quasi da non avere più legame con esso), e a sentirsi più importante degli altri.
Il sistema Stanislavskij, al contrario, pensa ad un’arte incarnata tra le persone, qualcosa di umano, basso, popolare.
Ma, anche in questo caso, ci può essere un deragliamento perché rappresenta qualcosa di troppo umano, troppo reale, e quindi può diventare banale e arrivare alla finzione.
Per salvarsi è fondamentale trovare un equilibrio.
Sono modelli diversi, non in conflitto.
Sta ad ognuno di noi decidere quale sistema usare in base alla propria necessità, o anche mischiarli se necessario.

Una vita migliore

«Credono di creare in scena una vita migliore. Non quella reale, umana, quale la conosciamo nella realtà, ma un’altra corretta per la scena.»
Stanislavskij qui ci parla del rischio che sta dietro a questa estetica artistica.
É un’arte che ci illude presentando un mondo perfetto.
Ma il mondo non è perfetto.
Vivere è complicato.
Fuggire nella fantasia non è la soluzione alla fatica di vivere.
Abbiamo bisognmo di artisti che ci aiutino a stare al mondo.
Ogni tanto serve “evadere”, ma ridurre le arti a questa funzione è pericoloso.
Dopo una giornata al luna park si ritorna nella vita quotidiana e la realtà si ripresenta in tutta la sua serietà.

Altri articoli sul tema

Martha Graham

 

(SFA, Sistema Stanislavskij, lezione del 17 gennaio 2023 con Mario Restagno – Relazione a cura di Miriam Castiglione)

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