In questa lezione abbiamo approfondito gli “strani esercizi” che si fanno all’Actors Studio.
Dopo aver concluso lo studio de Il Lavoro dell’Attore su se stesso, cominciato nell’ottobre 2020 e durato per ben 60 lezioni!, ora stiamo analizzando un testo di Francesca De Sapio: Nina a casa Strasberg.
Allieva dell’Actors Studio
Nella scorsa lezione si è parlato di quanto sia fondamentale il tema del distacco nel percorso di studi di un attore.
De Sapio racconta che nel 1975, una compagna le lascia il posto già pagato come allieva all’Actors Studio.
«Avevo deciso di studiare Olivia, mentre una mia compagna, Alva, una bellissima delicata ragazza che aveva fatto fino ad allora la modella, doveva fare Viola. La scena era andata bene, ma Alva era debole. Lee decide di scuoterla. Alle sue domande rispondeva con un mutismo orgoglioso. La scuote arrabbiandosi, come Lee a volte faceva per farti fare un salto di qualità». [pag. 275]
Alva, nonostante la sua bellezza, si autoeliminava in scena.
In più esigeva per sé ruoli impossibili.
Quando poi aveva l’opportunità, si paralizzava.
«Alva decide di non voler più fare l’attrice. Mi chiama offrendomi le classi già pagate che non voleva più frequentare all’Istituto di Strasberg, nel quale studiava pur essendo diventata membro dell’Actors Studio.»
Actors Studio
Essere membro dell’Actors Studio non corrisponde ad essere anche allievo.
I membri hanno accesso agli incontri che vengono organizzati periodicamente.
L’allievo, invece, svolge un programma accademico.
Francesca recitava già come attrice, ma non aveva alle spalle un’accademia regolare.
E non aveva frequentato le lezioni di Strasberg.
«Comincio per la prima volta a studiare con lui nelle classi private. Lee mi chiede se ho mai fatto l’esercizio sensoriale dello specchio. E mi si apre un mondo nuovo.»
Strasberg non si occupava di far fare gli esercizi preliminari.
Presumeva che, se uno era diventato un membro, li conoscesse.
La poltrona
Uno degli strumenti utilizzati da Strasberg per la formazione dell’attore è la poltrona.
Tutti conosciamo la poltrona dello psichiatra, normalmente la chaise longue di Le Corbusier.
Strasberg utilizzava anche una sedia normale.
Ma è inevitabile che l’esercizio, così impostato, richiami l’attività dello psichiatra.
Da qui le accuse mosse da parte della corporazione medica americana.
É una tecnica per la quale Strasberg è stato messo molto in discussione in quanto molto vicina all’ipnosi.
L’allievo si rilassa e abbassa così le difese.
Lentamente escono sensazioni, emozioni e sentimenti che altrimenti verrebbero censurati.
Il problema etico che si pone è: quanto è giusto ottenere le “confidenze” con questo strumento?
Vi sono anche altre tecniche per ottenere la resa psichica.
Nel passato, dice il direttore, abbiamo visto docenti utilizzare training fisici pesanti che stremavano gli allievi.
Sottoposti a queste fatiche gli allievi si arrendevano alle emozioni che li travolgevano.
E, quindi, fiumi di lacrime oppure confessioni personali tenute nascote che venivano rese pubbliche.
Oppure, in alcuni casi, l’emersione di fatti scioccanti dell’infanzia.
Se l’attore o il regista che utilizza tali tecniche non ha una preparazione scientifica o non è accompagnato da qualcuno che ce l’ha, non deve avventurarsi in qualcosa che poi non saprebbe gestire.
Perdere il controllo
Il nostro direttore sostiene che è fondamentale perdere il controllo, ma deve avvenire in modo scientifico.
Il percorso pedagogico o l’obbiettivo da raggiungere è perdere il controllo per riprenderlo ad un livello superiore.
Si tratta di un percosro necessario per i soggetti che hanno un alto livello di censura.
In linea generale le donne, per motivi socio-culturali, hanno un alto livello di censura.
A loro non sono permessi tanti comportamenti che, invece, sono concessi agli uomini.
C’è un bel monologo di Paola Cortellesi che illustra molto bene quanto, ancora oggi, le donne siano discriminate.
Molte ragazze si bloccano, si negano esperienze, si auto-inibiscono, si giudicano.
Bisogna ‘’fottersene’’.
Bisogna provare quello che non si può, non si deve o si teme.
Non è facile.
Francesca De Sapio racconta come si trova durante una scena a perdere completamente il controllo e sente una fusione completa con il personaggio provando emozioni molto forti ed estreme.
«All’improvviso sono tutta bagnata, inondata d’acqua, la pelle viva stimolata dalla sensazione come se stesse piovendo in quell’attimo, uno scrosciare d’acqua sui capelli, rivoli sui vestiti, i piedi zuppi. Sono viva, viva. Comincio a piangere e a ridere e mi ritrovo per incanto nel giardino di Nina che torna a casa dopo due anni d’inferno.» [pag. 275]
A questo punto nasce la domanda ‘’come si fa a fare la scena più di una volta senza esserne distrutti?’’
L’insegnante ci risponde che è la tecnica ad entrare in gioco.
Lo studio di ricerca serve per sperimentare la perdita di controllo, per superare i limiti in laboratorio.
Sul set non metteremo in campo la vera energia interiore.
Sarà come aprire un cassetto che conosciamo bene e far uscire senza remore e timori quello che ho già provato.
Il lavoro della poltrona è molto delicato, ribadisce l’insegnante, esso prevede un rapporto 1:1 tra allievo e insegnante.
Nel primo possono nascere molti dubbi rispetto alla figura del secondo, deve esserci un vero e proprio affidamento.
Momento privato
«Faccio un cosiddetto ‘momento privato’, si inscena cioè davanti a tutti un momento intimo della propria vita, che non si vorrebbe far vedere a nessuno.» [pag. 276]
Il momento privato consiste in un’azione che verrebbe immediatamente interrotta nel caso si fosse visti o sentiti da qualcuno.
Il personaggio compierebbe quest’attività esclusivamente da solo, mai con qualcun altro, nemmeno le persone più intime.
Il momento privato è un potentissimo esercizio per arrivare ad essere privati in pubblico e per sviluppare la vulnerabilità dell’attore.
Non è un esercizio in cui bisogna dimostrare coraggio.
Ma piuttosto una capacità di concentrazione che ti isola in un momento tutto tuo, come se fossi sola.
In linea generale il momento privato segue l’esercizio della poltrona.
Quando lo studente si sente pronto chiede si sostenere
Io ballo da sola
Quando Francesca De Sapio cita l’esercizio dello specchio (vedere nel capitoletto “Actors Studio”), ha fatto venire in mente al nostro direttore una scena del film Stealing Beauty [Io ballo da sola] di Bernardo Bertolucci.
Il film è uscito nel 1996 con protagonista una giovanissima Liv Tyler.
Durante un’estate, la diciannovenne americana Lucy arriva dai coniugi Ian e Diana Grayson che vivono in un vecchio casale ristrutturato non lontano da Siena. Lucy è tornata nel senese alla ricerca del padre a lei ignoto.
La scena che abbiamo visto è quella che vede Cristopher insegnare “un esercizio che fanno gli attori a New York”.
Christopher sta con Miranda, ma entra con una scusa nella stanza di Lucy.
L’esercizio che le propone consiste nel mettersi a qattro zampe davanti allo specchio e leccare la superficie.
Dopo aver leccato per alcune volte lo specchio, Cristopher si rivolge a Lucy e la lecca.
In quel momento entra nella stanza Miranda.
Actors Studio e strani esercizi
É interessante notare questa citazione che Bertolucci fa degli “esercizi strani” che fanno gli attori in America.
Merita ricordare che all’uscita de L’Ultimo Tango a Parigi nel 1970, si parlò della famosa scena del burro.
Una tesi ricorrente era quella che Bertolucci non sapesse come fare per ottenere una interpretazione realistica dalla Schneider che non aveva tecnica attoriale.
Marlon Brando chiese di lasciar fare a lui.
Alla fine, il messaggio che circolò, era che Brando avesse utilizzato “metodi” imparati alla scuola di Strasberg.
Ovviamente tutto ciò non corrisponde esattamente alla realtà.
Bertolucci lasciò che le notizie proliferassero perché aiutava a far parlare del film.
Nel 1996, a distanza di 26 anni, questa scena di Io ballo da sola sembra voler ironizzare sugli strani esercizi che fanno gli attori americani.
(SFA, Sistema Stanislavskij, lezione del 10 febbraio 2023 con Mario Restagno – Relazione a cura di Lucia Restagno)