Stanislavskij Konstantin Sergeevič è l’autore de Il lavoro dell’attore su se stesso, il testo di riferimento del corso tenuto da Mario Restagno alla Scuola Formazione Attore di Torino.
Il libro racconta di Nazvanov, un allievo che frequenta il primo anno della scuola d’arte di Mosca.
Insieme ad altri 9 studenti si ritrova a seguire le lezioni del direttore: Arkadij Nikolaevic Torcov.
Avendo seguito in passato un corso di stenografia decide di prendere appunti.
Il lavoro che faremo, i miei compagni ed io, durante il nostro percorso di studio sarà quello di imitare Nazvanov trascrivendo ciò che avviene durante le lezioni del nostro direttore.
Questa settimana mi sono offerta come volontaria per scrivere la relazione.
Un problema etico
La stesura de Il lavoro dell’attore su se stesso è iniziata nel 1904, ma soltanto nel 1938 verrà pubblicato.
Stanislavskij è un attore con un etica molto profonda.
Si rende conto che le sue prestazioni durante le repliche di uno spettacolo non sono costanti. Avviene lo stesso per i suoi colleghi. Non è giusto nei confronti degli spettatori che pagano il biglietto ogni sera.
“Come posso garantire sempre una performance adeguata?” si chiede.
Arriva alla conclusione che la tecnica attoriale è troppo improvvisato.
In questi tempi i mestieri si tramandano ancora di padre in figlio.
Si intraprende una carriera come attore se si nasce in una famiglia che ha una compagnia.
Questo sistema è influenzato dalla cultura italiana che attorno al XV-XVI colonizza l’Europa con la commedia dell’arte.
Si arriva ad un punto che le parole “attore” e “italiano” vengono spesso assimilate.
Il mondo della lirica in Italia
Il nostro direttore qui fa un excursus sul mondo della lirica italiana.
Considerata il fiore all’occhiello ha sempre ricevuto fondi e contributi importanti.
Dal punto di vista estetico, per chi ha un approccio stanislavskiano (realista), è difficile accettare di vedere sulla scena una Mimì di 60 anni e con una corporatura importante.
Mimì è il personaggio femminile principale dell’opera lirica La Bohème di Giacomo Puccini, rappresentata per la prima volta nel 1896.
É una giovane ricamatrice, affetta da tubercolosi, che vive in una soffitta con i suoi amici bohémien, un gruppo di artisti e musicisti poveri ma spensierati.
La sua storia d’amore con Rodolfo, un poeta squattrinato, è al centro dell’opera.
La Bohème si conclude con una scena drammatica e commovente.
Nel finale, la malattia di Mimì si aggrava, e lei muore tra le braccia di Rodolfo.
Nell’immaginario Mimì ha 20 anni ed è esile.
Non può essere una matrona o una pensionata.
Il mondo della lirica italiana viceversa ci ha abituato a vedere artisti scelti senza una visione complessiva del personaggio.
“Il teatro deve essere credibile o almeno godibile” dice Stanislavskij.
Il popolo Russo
Se durante l’estate non metti da parte la legna per l’inverno, in Russia muori assiderato.
Questa situazione forgia un popolo anche artisticamente.
Stanislavskij sa che senza una disciplina non si possono raggiungere risultati.
Inizia così a studiare un sistema che proverà a mettere in pratica.
Attori non si nasce, si diventa.
Il talento non basta: è necessario acquisire una tecnica.
In italia questa consapevolezza arriva un secolo dopo.
E comunque rimane sempre una larga parte della gente che crede nel talento innato.
La rivoluzione
Con la rivoluzione russa del 1917 c’è la presa al potere da parte dei comunisti con idee iniziali molto affascinanti ma che poi non si rivelano realizzabili.
Si passa dallo Zar, dove esisteva una certa libertà di movimento, a Lenin che chiude progressivamente le frontiere e instaura un controllo ossessivo.
In questo periodo si è molto prudenti a ciò che si dice e ciò che si scrive per evitare di essere considerati nemici della rivoluzione.
Per Stanislavskij, figlio di benestanti, col cambio di regime muta anche la sua situazione economica.
Prima recitava per passione.
Ora non può più ricevere un compenso simbolico per il suo lavoro di attore e regista.
Ha un figlio malato che necessita di cure in Svizzera.
Stanislavskij negli USA
Nel 1923 riesce a raggiungere gli Stati Uniti dove viene accolto splendidamente.
Quello statunitense è un popolo culturalmente ancora arretrato.
La colonizzazione europea cominciò intorno all’inizio del XVII secolo.
Le tredici colonie britanniche, situate lungo la costa atlantica, furono fondate tra il 1607 e il 1733.
Questo è il periodo che vede la conquista dell’ovest e lo sterminio del popoli indigeni.
Il popolo degli Stati Uniti si forgia con la violenza e il denaro.
All’inizio del novecento comincia a svilupparsi anche l’industria culturale.
Hanno i mezzi ma mancano di contenuti.
Comiciano ad importare artisti dall’Europa.
Altri articoli:
I sentimenti non si spremono | Sistema Stanislavskij
(SFA, Sistema Stanislavskij, lezione del 24 ottobre 2024 con Mario Restagno – Relazione a cura di Amanda Amador Silva)